Tornano al cinema in versione restaurata le opere di uno dei più grandi artisti del cinema: JEAN VIGO! Morto a soli 29 anni, nella sua folgorante vita ha realizzato un lungometraggio, un mediometraggio e due corti: in tutto meno di tre ore di cinema, ma sufficienti a farlo entrare nell’Olimpo dei migliori registi di sempre.
▶ Al Visionario martedì 27 febbraio e martedì 6 marzo
Un’unicità che ha lasciato il segno e che ha segnato molti cineasti, tra cui Truffaut, che scrive su di lui nei Film della mia vita:
Qual era il segreto di Jean Vigo? È probabile che vivesse più intensamente della media della gente. Il lavoro del cinema è ingrato per il suo frazionamento. Si riprendono da cinque a quindici secondi di film poi si sta fermi per un’ora. Non si trova sul set l’occasione di eccitamento che prende uno scrittore come Henry Miller davanti al suo tavolo di lavoro. Alla ventesima pagina una specie di febbre lo prende, lo trascina e questo è formidabile, sublime forse. Sembra che Vigo lavorasse continuamente in questo stato di trance e senza perdere nulla della sua lucidità. Si sa che era già malato mentre girava i suoi due film e anche che ha girato certe sequenze di Zéro de conduite steso su un letto da campo. È naturale quindi che prevalga quest’idea dello stato febbrile in cui si trovava girando. È assolutamente possibile e plausibile. È esatto che si possa essere effettivamente più brillanti, più forti, più intensi quando si è febbricitanti. A un suo amico che lo consigliava di non stancarsi, di risparmiarsi, Vigo rispose che sentiva che il tempo non gli sarebbe bastato e che doveva dare tutto e subito. Per questo sembra plausibile che Vigo, sapendosi condannato, sia stato stimolato da questa scadenza, da questo tempo contato. Dietro la cinepresa, doveva trovarsi nello stato d’animo di cui parla Ingmar Bergman: “Bisogna girare ogni film come se fosse l’ultimo”.