Federico Fellini è vissuto con un segreto: quello su cui indaga Claudia, una documentarista portoghese, nell’intento di girare un film su di lui. Le tracce sono nel Libro dei Sogni e nel rapporto di Fellini con il dottor Bernhard, suo analista e pioniere dell’analisi junghiana in Italia, senza il quale il capolavoro 8 e ½ non avrebbe visto la luce. Appaiono nelle coincidenze, nelle testimonianze degli amici, nei luoghi cari a Fellini: Roma, Rimini, la casa Torre di Jung a Bollingen. Ma ciò che scopre Claudia è anche un tenero e magico ritratto: la certezza che per Fellini il sogno sia l’unica vera realtà.
Ospiti in sala al Visionario martedì 1 febbraio alle 20.00 la regista Catherine McGilvray e Gianfranco Angelucci, massimo esperto italiano di Fellini.
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“Fellini – spiega la regista Catherine McGilvray – incontra la psicologia analitica di C.G. Jung grazie un terapeuta d’eccezione: l’ebreo tedesco Ernst Bernhard, vera anima nascosta della cultura del secondo dopoguerra a Roma, che intorno agli anni Sessanta ebbe grande influenza su intellettuali e artisti come Giorgio Manganelli, Bobi Bazlen, Natalia Ginzburg, Adriano Olivetti, Luciano Emmer e Vittorio De Seta. Bernhard divenne per Fellini molto più di un semplice analista: un maestro di vita, una guida spirituale che lo sostenne nel suo lavoro di cineasta. Il capolavoro cinematografico 8 ½ nasce proprio in seno alla loro relazione terapeutica; è noto in particolare che la sequenza finale del film, con la passerella riconciliatrice di tutti i personaggi, venne suggerita dall’analista. Dopo la morte dell’analista, avvenuta nel 1965, l’universo junghiano continua ad essere un riferimento fondamentale per Fellini, come testimoniano il Libro dei Sogni, le interviste e l’autobiografia Fare un film, ma anche le sue lettere a Georges Simenon, l’amico scrittore con il quale intrattiene una lunga e appassionata corrispondenza. È Simenon a usare il termine “inconscio creatore” per definire il genio di Fellini, e a consigliargli di continuare a lasciarsi guidare da Jung e dal proprio inconscio nel processo di creazione artistica. Fellini e l’ombra si propone quindi di raccontare l’inconscio creativo di Fellini, di scandagliare il suo immaginario alla luce della psicologia analitica, facendone affiorare simboli ricorrenti, ossessioni, fantasmi. Non attraverso interviste e testimonianze, ma con gli strumenti della docu-fiction, così da permettere agli spettatori di identificarsi con il soggetto e di seguire questo affascinante percorso dall’interno, in modo non concettuale ma empatico, in un’immersione totale nella visionarietà onirica di Fellini”