VISTO DAI GIOVANI VISIONARI

“Decision to leave”

14.02.2023

I Giovani Visionari sono un gruppetto di ragazzi dai 16 ai 25 anni che amano il cinema, si sono conosciuti in Mediateca e frequentano e “usano” il Visionario per ritrovarsi, discutere di film e serie tv, imparare cose e insegnarcene altre (a noi che lavoriamo qui e siamo ormai “Vecchi Visionari”). Presentano film, propongono rassegne e da oggi si cimentano con la scrittura.

DECISION TO LEAVE

“Cammino da solo in questa strada nebbiosa / con la tua ombra che un tempo fu affettuosa” così recita la canzone che più volte viene ripresa all’interno del nuovo film di Park Chan-wook e che riesce a rappresentare entrambi i protagonisti attorno a cui ruotano le vicende. Decision to leave è un thriller-noir con il detective Hae-joon che deve investigare sull’apparente suicidio di un uomo, tuttavia i sospetti ricadono subito sull’enigmatica vedova Seo-rae. Il film è fondato interamente sul rapporto tra la coppia dei protagonisti ma trova la sua più grande forza nella costruzione del personaggio femminile. Uno dei poster promozionali del film mostra infatti il volto di Sao-rae in forma di ritratto su tela, e così infatti la protagonista viene svelata allo spettatore progressivamente, una pennellata dopo l’altra, attraverso la sapiente regia di Park Chan-wook. Il regista coreano infatti ha ricevuto per questo film il premio alla miglior regia a Cannes 2022 assolutamente meritato per una regia raffinata, aiutata da un sapiente uso del montaggio formale e da un impiego visivamente funzionale di iPhone e di Apple watch (probabilmente il regista si è appassionato ai prodotti Apple dopo il suo ultimo corto Life is but a Dream girato interamente con un iPhone 13 Pro e gratuitamente disponibile su YouTube).
Decision to leave è anche un film decisamente erotico ma senza mai essere esplicito come il precedente Mademoiselle. Seo-rae è una sorta di femme fatale ben lontana dalla Sharon Stone di Basic Instinct e molto più vicina alla Kim Novak de La donna che visse due volte. I due protagonisti continuano a cercarsi, a rincorrersi, avvolgendosi ma riuscendo a toccarsi solo momentaneamente e in modo tangenziale. L’amore, che è un tema chiave del cinema di Park Chan-wook, anche qui viene messo al centro ma la prospettiva con cui viene affrontato è quella di un amore distruttivo. La narrazione dei due innamorati infatti non è mai separata dalla morte e dalla tragedia, richiamando i greci Eros e Thanatos di cui Leopardi scriveva “Cose quaggiù sì belle altre il mondo non ha, non han le stelle”. Il film sembra fare suo questo concetto mostrando solamente il lato dell’amore che dopo l’estasi porta all’annichilimento, l’amore inquieto che rimane nell’incompiutezza. Questo concetto è espresso magistralmente anche nella scelta nella colonna sonora del IV movimento della quinta sinfonia di Mahler che rivela esplicitamente la bellezza solo attraverso la malinconia e la fragilità, senza esplosioni di suono fragorose e passionali. La messa in scena segue anch’essa questa direzione rimanendo sempre elegante con una sceneggiatura che si snoda attraverso qualche colpo di scena ma senza voler mai raggiungere un momento assoluto di climax emotivo.
L’amore che Park Chan-wook vuole raccontare è un amore potente, irrinunciabile e vero, non costruito in modo scientificamente freddo da statistiche (come vorrebbe la moglie del protagonista) ma che nasce dall’intesa, dalla risonanza emotiva e dalla profondità. L’intreccio del film cerca di allontanare i due protagonisti ma allo stesso tempo li riporta sempre insieme tanto che un matrimonio che sembrerebbe poterli separare è solo un mezzo, come dice il titolo, attraverso il quale poter decidere volontariamente di lasciare il compagno. Non è un caso che a inizio film, quando il detective presenta alla vedova le circostanze con cui il marito è morto le chiede se preferisce avere notizie a parole oppure vedendo le foto della scena del delitto e lei, dopo una breve esitazione, sceglie le immagini. Il regista vuole quindi suggerire che quello che vedremo è un amore che è difficile raccontare a parole e che vive e respira interamente sullo schermo cinematografico.

Francesco Sioni